Precarietà (in)volontarie
Viene da riflettere, a volte, su i grandi misteri del mondo. L’esistenza di universi altri.
Quanti e quali dei. L’uovo o la gallina. A colori o b&w.
E speculando tra un grande mistero e l’altro, a volte, sembra di avvertire un tremolante sentore. Inquietante, tremolante sentore. Di un ché di imprevisto. Altalenante, pericolosamente instabile. “E dire che avevamo preso tutte le adeguate precauzioni”, qualcuno penserà. “E dire che avevamo saldato le nostre comode calzature al suolo”, un altro affermerà. E dire che, prima di saldare le nostre comode calzature al suolo, avevamo provveduto alla creazione della calzatura stessa. Perché si sa che, per compiere lunghi, impervi viaggi, sono necessari calzari adeguati. Su misura, creati ad arte. Ben consapevoli di quanto si è percorso e di quanto, ancora, si potrà percorrere.
Calzari, calzature sofferte, magari lodate. Imprescindibile strumento forma(t)tivamente creato per percorrere la fondamentale via che tutti noi attende. Quella via ricca di nobilitazione umana, costituzionalmente prescritta.
Ebbene, dopo aver sudato per la calzatura, arricchita magari da master-lacci e alti ghirigori, dopo aver prestato la propria energia, pratica e intellettuale, per glorificare, ulteriormente, la magna charta(v) che ripercorre la nostra vita, ebbene ecco che subentra l’instabilità.
“Strano”, il qualcuno di prima penserà. L’altro, magari, prenderà uno specchio. E così, tra riflessioni dirette e indotte si vivrà la meravigliosa esperienza. L’estasi, per meglio dire, nella contemplazione.
Contempleremo, traballando, la gioia immensa del destino precario. Perché, si sa, il programmare è una gran noia. Seccatura da pavidi. Noi, moderni e impavidi individui, preferiamo sfidare la sorte e tra un’onda e l’altra gioire, pienamente dell’imprevisto. Della libertà contrattuale.
Ma badate bene, qui, per libertà contrattuale si intende esclusivamente la libera volontà che alcuni soggetti hanno di proporre ad altrettanto liberi neo-avventori del mercato imperdibili occasioni. Occasioni che, a tal punto, verranno morbosamente contratte dai citati neo avventori. E come non cedere a proposte come…
“Vuoi diventare un free-lancer di successo? Le tue creazioni avranno la straordinaria possibilità di essere remunerate 0.010 € per ogni 120.000 visualizzazioni (forse)! Un’imperdibile occasione!”
o ancora…
“Vuoi diventare qualsiasi altra cosa, pagaci e ti assumeremo a costo zero!!”
senza dimenticare…
“Cerchiamo professionisti, come te! Lavora con noi, assumiti le nostre responsabilità e avrai, in omaggio, anche la nostra più sincera gratitudine!”
per non parlare della regola aurea, massima di gran prestigio, pluri acclamata:
“Chi vuole lavorare, si deve qui svendere e prostrare!“
Ma attenzione, per quanto polemico il tono possa sembrare, è giusto precisare che non già di polemica si tratta quanto di presa d’atto. Gioiosa, rimarchiamo, presa d’atto. E gli analisti esperti potranno confermarlo, perché la gioia nel precario dondolio, ricorda i giochi infantili: quei gai momenti in cui su altalene da parco giochi, la terra parea lieve e il cielo a portata di dita.
Sicché ecco la conferma, l’aspirante lavoratore odierno, avendo ben fresco il ricordo di quando, bambino felice, raggiungeva il lontano blu, adora e anela l’involontaria precarietà.
(Oh, grazia benedetta.)
Perché ben sa che prima o poi, a furia di dondolare, tra il cadere e il danzare, potrà ancora sognare di sfiorare il lontano blu.
E con questo, vi congediamo.
Buon primo maggio!
Immagine copertina: 1 maggio