Ricorrenze e “ma”. Le date sono importanti, in molti cercheranno di convincerci del contrario, “alla fine, un giorno vale l’altro”, sentenzieranno. E devo dire che, per certi aspetti e in determinati contesti, anch’io sono solita credervi. Ma, in precisi casi, subentrano dei “ma“. Semplici opposizioni che servono a precisare. E’ vero che alcune cerimonie possono essere trascurate, specie se la forma, in quelle cerimonie, diventa preponderante rispetto il contenuto, il significato. E, certamente, sta ai singoli, in molti casi, scegliere se darsi alla celebrazione o meno.
Ma, ritorna il “ma” iniziale. Esistono delle date che, credo, meritano d’essere ricordate e tramandate, non puramente come indicazioni di festività, giornate di bivacco e assenza lavorativa giustificata. No, devono essere ricordate e tramandate perché racchiudono storie importanti e altrettanto importanti moniti.
“Arrendersi o perire”. Il 25 Aprile del ’45 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI, sede di Milano, presieduto, tra gli altri, anche da Sandro Pertini) proclamò, nei territori occupati dal nazifascismo, l’insurrezione generale, dando a tutti i partigiani (appartenenti al Corpo Volontari della Libertà) attivi nel settentrione il compito di attaccare i presidi fascisti e tedeschi per imporre la resa. In qualità di “delegato del Governo Italiano”, il CLNAI assunse il potere “in nome del popolo italiano” ed emanò in prima persona dei decreti legislativi, stabilendo anche la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, compreso Benito Mussolini (che venne fucilato tre giorni dopo).
La festività nazionale. Il 22 aprile del 1946, su proposta di Alcide De Gasperi (Presidente del Consiglio), il luogotenente del Regno d’Italia, principe Umberto II, emanò un decreto legislativo luogotenenziale ove si dichiarava che «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». In particolare, dal 27 maggio 1949, con la legge 260 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive“), la ricorrenza è stata istituzionalizzata divenendo, in maniera definitiva, festività nazionale.
25Aprile2018. Tutti gli anni, lungo lo stivale, alcuni di noi assistono e partecipano a cerimonie in nome della memoria, seguono concerti, vanno fuori porta. Altri alzano ancora il pugno e percorrono cortei, manifestano. Manifestiamo, crediamo. Eppure, nel particolare momento storico in cui viviamo, non posso che domandarmi cosa sia rimasto, oggi, di quella lotta. Se e per quanti sia un ricordo vivo. Se e per quanti voglia dire qualcosa. Se e per quanti sia stimolo per migliorarsi, per non cedere. Pensandoci, oggi abbiamo davvero bisogno di essere liberati. O meglio, abbiamo bisogno di liberarci. Dall’odio, dalle divisioni, dall’indolenza, dalla precarietà, dall’instabilità, dalla menzogna, dalla crudeltà, dall’indifferenza. Dovremmo liberarci da tutto questo e da molto altro. E dovremmo farlo insieme, sarebbe un buon modo per onorare, ulteriormente, la memoria di quanti hanno creduto in un mondo migliore.
Immagine: 25 aprile
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*** N.B. Con quanto qui scritto in nessun modo si vuole incitare alla violenza ***