Di sciami e ronzii

In questi giorni torna sovente l’immagine di uno schermo incapace di trasmettere. Uno schermo luminoso che presenta solo puntini bianchi e puntini neri. Alternati. E rumore, tanto rumore. Badate bene, non un caotico mix di suoni ma un bzzzzz, simile al fastidioso ronzio di mosche, zanzare e simili.

A pensarci bene, quel ronzio, il loro ronzio, deriva dal movimento alare. Quindi, correggendo l’input iniziale, potremmo dire che sì c’è un rumore, che quel rumore è simile ad un ronzio e che quel ronzio è prodotto dal movimento di tanti esseri. Ecco, così facendo, la macchia vista nello schermo non è più una semplice accozzaglia di puntini bianchi e di puntini neri ma uno sciame. Uno sciame che muove verso l’osservatore producendo caotici ronzii.

Perché parlare di sciami e di ronzii, qualcuno potrà chiedersi. La risposta non risiede nell’entomologia. E neanche nello studio dei sogni. In cosa, allora? Forse nell’immaginario. Chiudete gli occhi, provate ad avvertire un brusio di sottofondo. Adesso, immaginate che quel brusio aumenti. Iniziate a preoccuparvi, ad aprire un po’ gli occhi e dalla fessura tra le palpebre scorgete la macchia. Aprite gli occhi, sgomenti, e la macchia è lì. Di fronte a voi, gigantesca e oscura con il suo assordante ronzio. Il seguito, ciascuno potrà sceneggiarlo da sé. La macchia potrà sparire, potrà ingrandirsi, potrà attaccare, potrà implodere o esplodere. Dipende da molte variabili. E dipende da ciascuno. Dallo sguardo, dall’immaginazione, dal modo in cui ognuno deciderà di vedere la macchia e se e come affrontarla.

Quel che è certo è che si tratta di una macchia “storica”. Che ciclicamente ritorna in ogni luogo. Porta con sé le solite appendici anti-umane e mai la sua forma è identica alle precedenti. Una macchia storica che torna ciclicamente e chiama. Cerca l’adunata reazionaria e contribuisce, quando va bene, alla creazione del suo opposto.

Non so come ciascuno deciderà di agire innanzi la macchia e, al momento, non vedo molti opposti ma confido, ancora, nell’insorgere. Nel collettivo risorgere.

Immagine: Contro, ityart

Precarietà (in)volontarie

Viene da riflettere, a volte, su i grandi misteri del mondo. L’esistenza di universi altri.
Quanti e quali dei. L’uovo o la gallina. A colori o b&w.

E speculando tra un grande mistero e l’altro, a volte, sembra di avvertire un tremolante sentore. Inquietante, tremolante sentore. Di un ché di imprevisto. Altalenante, pericolosamente instabile. “E dire che avevamo preso tutte le adeguate precauzioni”, qualcuno penserà. “E dire che avevamo saldato le nostre comode calzature al suolo”, un altro affermerà. E dire che, prima di saldare le nostre comode calzature al suolo, avevamo provveduto alla creazione della calzatura stessa. Perché si sa che, per compiere lunghi, impervi viaggi, sono necessari calzari adeguati. Su misura, creati ad arte. Ben consapevoli di quanto si è percorso e di quanto, ancora, si potrà percorrere.

Calzari, calzature sofferte, magari lodate. Imprescindibile strumento forma(t)tivamente creato per percorrere la fondamentale via che tutti noi attende. Quella via ricca di nobilitazione umana, costituzionalmente prescritta.

Ebbene, dopo aver sudato per la calzatura, arricchita magari da master-lacci e alti ghirigori, dopo aver prestato la propria energia, pratica e intellettuale, per glorificare, ulteriormente, la magna charta(v) che ripercorre la nostra vita, ebbene ecco che subentra l’instabilità.

“Strano”, il qualcuno di prima penserà. L’altro, magari, prenderà uno specchio. E così,  tra riflessioni dirette e indotte si vivrà la meravigliosa esperienza. L’estasi, per meglio dire, nella contemplazione.

Contempleremo, traballando, la gioia immensa del destino precario. Perché, si sa, il programmare è una gran noia. Seccatura da pavidi. Noi, moderni e impavidi individui, preferiamo sfidare la sorte e tra un’onda e l’altra gioire, pienamente dell’imprevisto. Della libertà contrattuale.

Ma badate bene, qui, per libertà contrattuale si intende esclusivamente la libera volontà che alcuni soggetti hanno di proporre ad altrettanto liberi neo-avventori del mercato imperdibili occasioni. Occasioni che, a tal punto, verranno morbosamente contratte dai citati neo avventori. E come non cedere a proposte come…

“Vuoi diventare un free-lancer di successo? Le tue creazioni avranno la straordinaria possibilità di essere remunerate 0.010 € per ogni 120.000 visualizzazioni (forse)! Un’imperdibile occasione!”

o ancora…

Vuoi diventare qualsiasi altra cosa, pagaci e ti assumeremo a costo zero!!”

senza dimenticare…

“Cerchiamo professionisti, come te! Lavora con noi, assumiti le nostre responsabilità e avrai, in omaggio, anche la nostra più sincera gratitudine!”

per non parlare della regola aurea, massima di gran prestigio, pluri acclamata:

Chi vuole lavorare, si deve qui svendere e prostrare!

Ma attenzione, per quanto polemico il tono possa sembrare, è giusto precisare che non già di polemica si tratta quanto di presa d’atto. Gioiosa, rimarchiamo, presa d’atto. E gli analisti esperti potranno confermarlo, perché la gioia nel precario dondolio, ricorda i giochi infantili: quei gai momenti in cui su altalene da parco giochi, la terra parea lieve e il cielo a portata di dita.

Sicché ecco la conferma, l’aspirante lavoratore odierno, avendo ben fresco il ricordo di quando, bambino felice, raggiungeva il lontano blu, adora e anela l’involontaria precarietà.

(Oh, grazia benedetta.)

Perché ben sa che prima o poi, a furia di dondolare, tra il cadere e il danzare, potrà ancora sognare di sfiorare il lontano blu.

E con questo, vi congediamo.


Buon primo maggio!

Immagine copertina: 1 maggio

Let them be

Immagine: Profilo, ityart

Lasciate che seguano la
loro via,
che le stelle
fluttuino come fiocchi.

Let them flow
their own way
let the stars
float as flakes.

Lasciate che parlino,
danzino, urlino,
creino il flusso.
Il loro.

Lasciate che siano.

Let them speak,
dance and scream,
Let them make a flow.
Their own one.

Let them be.

 

25 Aprile: Memoria, Liberazioni e Resistenze

Ricorrenze e “ma”. Le date sono importanti, in molti cercheranno di convincerci del contrario, “alla fine, un giorno vale l’altro”, sentenzieranno. E devo dire che, per certi aspetti e in determinati contesti, anch’io sono solita credervi. Ma, in precisi casi, subentrano dei “ma“. Semplici opposizioni che servono a precisare. E’ vero che alcune cerimonie possono essere trascurate, specie se la forma, in quelle cerimonie, diventa preponderante rispetto il contenuto, il significato. E, certamente, sta ai singoli, in molti casi, scegliere se darsi alla celebrazione o meno.

Ma, ritorna il “ma” iniziale. Esistono delle date che, credo, meritano d’essere ricordate e tramandate, non puramente come indicazioni di festività, giornate di bivacco e assenza lavorativa giustificata. No, devono essere ricordate e tramandate perché racchiudono storie importanti e altrettanto importanti moniti.

“Arrendersi o perire”. Il 25 Aprile del ’45 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI, sede di Milano, presieduto, tra gli altri, anche da Sandro Pertini) proclamò, nei territori occupati dal nazifascismo, l’insurrezione generale, dando a tutti i partigiani (appartenenti al Corpo Volontari della Libertà) attivi nel settentrione il compito di attaccare i presidi fascisti e tedeschi per imporre la resa. In qualità di “delegato del Governo Italiano”, il CLNAI assunse il potere “in nome del popolo italiano” ed emanò in prima persona dei decreti legislativi, stabilendo anche la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, compreso Benito Mussolini (che venne fucilato tre giorni dopo).

La festività nazionale. Il 22 aprile del 1946, su proposta di Alcide De Gasperi (Presidente del Consiglio), il luogotenente del Regno d’Italia, principe Umberto II, emanò un decreto legislativo luogotenenziale ove si dichiarava che «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». In particolare,  dal 27 maggio 1949, con la legge 260 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), la ricorrenza è stata istituzionalizzata divenendo, in maniera definitiva, festività nazionale.

25Aprile2018. Tutti gli anni, lungo lo stivale, alcuni di noi assistono e partecipano a cerimonie in nome della memoria, seguono concerti, vanno fuori porta. Altri alzano ancora il pugno e percorrono cortei, manifestano. Manifestiamo, crediamo. Eppure, nel particolare momento storico in cui viviamo, non posso che domandarmi cosa sia rimasto, oggi, di quella lotta. Se e per quanti sia un ricordo vivo. Se e per quanti voglia dire qualcosa. Se e per quanti sia stimolo per migliorarsi, per non cedere. Pensandoci, oggi abbiamo davvero bisogno di essere liberati. O meglio, abbiamo bisogno di liberarci. Dall’odio, dalle divisioni, dall’indolenza, dalla precarietà, dall’instabilità, dalla menzogna, dalla crudeltà, dall’indifferenza. Dovremmo liberarci da tutto questo e da molto altro. E dovremmo farlo insieme, sarebbe un buon modo per onorare, ulteriormente, la memoria di quanti hanno creduto in un mondo migliore.

Immagine: 25 aprile

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*** N.B. Con quanto qui scritto in nessun modo si vuole incitare alla violenza ***

Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore

La Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore nasce per volontà dell’Unesco nel 1996. L’ obiettivo è promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la tutela del copyright.

Perché proprio il 23 aprile? E’ stata scelta questa data perché, nel 1616, morirono a poche ore di distanza l’uno dall’altro tre scrittori, pilastri della cultura universale: William Shakespeare, Miguel de Cervantes e Garciloso de la Vega.

UNESCO, Commissione Nazionale Italiana. La C.N.I. dell’Unesco ha stilato un elenco di storie ambientate nelle 20 regioni italiane scegliendo due libri allo scopo di connettere la narrativa al territorio e stimolare, ulteriormente, l’interesse dei lettori. Inoltre, visitando la pagina Facebook della C.N.I., gli utenti hanno la possibilità di aggiungere i propri libri preferiti per ampliare l’elenco stilato dalla Commissione.

Rose di Catalogna. Il 23 aprile, in Catalogna, la celebrazione del libro è accompagnata dal profumo delle rose. Narra la leggenda che quando San Giorgio uccise il drago, dal suo sangue nacque una rosa. Giorno di San Giorgio è il 23 aprile e consolidata è l’usanza di scambiarsi libri e rose tra amici e innamorati.

 

Immagine: 23 aprile

 

 

Earth Day!

 

 

#EarthDay Oggi si festeggia la Giornata mondiale della Terra!

Scopo della giornata è la celebrazione dell’ambiente e la salvaguardia del pianeta Terra.

Le Nazioni Unite hanno indetto questa festività annuale, un mese e due giorni dopo l’equinozio di primavera, il 22 aprile. Molti gli eventi previsti, in tutto il mondo, per questa giornata.

E’ importante sensibilizzare e ricordare che la nostra presenza nel globo è un dono, fugace e prezioso, e che il miglior modo che abbiamo per esserne riconoscenti è prenderci cura del globo stesso, degli esseri e degli elementi che lo popolano e compongono.

 

Le proposte di GreenMe

Info ed eventi da E.D.I.

Immagine: 22 aprile

 

 

 

Chanson Nocturne – Video Clip

Crediamo fortemente nella capacità di rinnovarsi e dar vita a prodotti

nuovi in grado di creare empatia con gli individui, un collegamento

capace di suscitare interesse ed emozioni.

A tale scopo, prendendo spunto da alcune righe poetiche nate un po’ di

tempo fa su Goylì Goylà, Chanson Nocturne ha mutato pelle, divenendo

clip video.

 

Sperando possa incontrare il vostro gusto… ecco a voi

Chanson Nocturne.

Su macerie e bagliori

Pensavo alla candida perfezione di un fiocco invernale, regolare e fedele a se stesso.
Pensavo alla candida, democratica accettazione esistente tra i fiocchi.
Diversi, tutti, l’un dall’altro
egualmente scivolano tra le distanti nubi e i freddi cieli.

E ricordano le perle, generate da morbidi architetti intrappolati in dimore sabbiose. Nate da
scorie, scarto /come fango/ modellate in circolare candore.

E ricordano le saline produzioni oculari, come quando il pungente chiarore s’insinua tra le sclere
o l’intirizzente blu blocca le articolazioni.

Costringendo l’occlusione. Oculare quanto gestuale.

Pensavo a quante differenti, imperfette, perfezioni esistano e a quante macerie, scarti e scorie le circondino.
Pensavo alla luminosità dei fiocchi, delle perle, degli sguardi dopo le tempeste, dopo i geli, dopo le chiusure.
Pensavo a quanto richiamino la maestosità dei cieli, la delicata danza dei venti, l’immensa profondità degli abissi.

E così ho rammentato perché fiocchi, perle e lacrime ricordano l’imperfetta
meraviglia che suscitano il vivere e i viventi, tutti.
Nonostante le scorie, nonostante le macerie.

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Foto: Madonna delle macerie

Questione di scelte

Cambia tutto per non cambiare nulla… nulla muta, salvo le percezioni del non mutare.

E’ un giorno freddo e come ogni freddo giorno, pensieri e riflessioni, per quanto stimolati, faticano a palesarsi.

E’ come se, criogenizzati dal circostante gelo, non fossero in grado di balzare allo sguardo e prorompere in corali e allegri “siamo qui”. E’ come se, un’inquietante nebbiolina li avvolgesse. Come se preferissero non muoversi e restare in attesa. Che la nebbia passi? Che finga di passare?

Non passerà, è una storia eterna che vede più cani formare un centipede mordendosi code e terga.
E le terga, come i cani, sono (quasi) sempre le stesse.

Abbiamo i quadrupedi sognatori, permeati dall’illusione di fasti e gloria, in grado di ripetere meccanicamente lo stesso vuoto latrato, in modo indipendente, credendo che tale latrato sia una spinta autonomista e ribelle, foriera di grandi speranze e lustri. Non mancano i finti nuovi, propugnano il cambiamento, inneggiano alle sfide e alla tangibilità delle giovanili, stellari, proposte… hanno qualche idea interessante ma tentennano nell’espressione e nella formalizzazione delle stesse. Poi le volpi di lungo corso, dal ferreo regime e dall’integerrima storia, volpi favorite che preferiscono apparire agnelli, costrette a compromessi pur di recuperare il bellissimo trono.

E infine il lato sinistro. Il costantemente frammentato lato sinistro, che nella frammentazione mostra un’ala rossa e sicura del suo essere carminio e un’altra dai colori un po’ annacquati, tendenti al rosso, ma non troppo. Quest’ultima certamente incoerente con il luogo a cui dovrebbe appartenere, ma perfettamente in linea con le dinamiche peninsulari, ove il rossore manifesto è solo quello dell’imbarazzo.

Per quanto riguarda la piccola ala rossa, animata di buoni propositi, ebbene, la piccola ala parla con onestà di quel che bisognerebbe praticare per limare le crisi, consapevole della moltitudine di passi da compiere, parla con coraggio ma, intorno, gli scettici, per quanto simpatizzanti, sono molti e in tanti prediligono l’evitare il male peggiore indicando quello minore.

Qualcuno vorrà astenersi dal commettere errori e, per certi aspetti, se l’astensione fosse totale e conducesse ad un ribaltamento ribelle sarebbe un bel segnale. Ma, ahinoi, in cuor nostro sappiamo che non è né sarà così. Pur avendo illustri storie rivoluzionarie, di sangue bollente e fierezza oculare, la gelida nebbia blocca gli spiriti e ottenebra speranzosi scenari.

C’è forte delusione e disillusione, forse qualche piuma vermiglia in più potrebbe permettere un caloroso tramonto, capace di dar adito all’antica massima che vede cieli tersi e tempo mite in cambio di rossori serali.

Per il momento, e da lontano, solo qualche lampadina fa capolino con i suoi rossi contorni ma l’aria è fredda e la nebbia non manca. Non resta che attendere e confidare nelle piume vermiglie e nel battagliero spirito di una terra stanca.

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Foto: Simple piano, by ItyArt